La fisica nucleare è una parte della fisica che studia le caratteristiche del nucleo atomico in relazione alla sua struttura ed alle forze che si esercitano tra i suoi componenti. E’ noto che l’atomo è in realtà costituito da un nucleo centrale pesante e carico di elettricità positiva e di un certo numero di elettroni periferici, più leggeri e carichi di elettricità negativa. La composizione di quel nucleo e l’energia che occorre per scomporlo sono studiate proprio dalla fisica nucleare.
La scomposizione della fisica nucleare
I nuclei degli atomi di certi isotopi sono stabili, quelli di certi altri non lo sono: si disintegrano spontaneamente per decadimento radioattivo o per fissione. Ciò prova che anche il nucleo è composto. Dallo studio dei prodotti del decadimento e della fissione, nonché delle cariche e delle masse dei nuclei, si dedusse prima che il nucleo doveva essere composto da protoni e da neutroni. Le energie che animano i prodotti del decadimento o della fissione e quelle che occorrono per provocare l’instabilità dei nuclei per loro natura stabili sono dell’ordine da qualche MeV ad alcune decine di MeV. Tale è dunque l’ordine di grandezza delle energie che tengono legati protoni e neutroni nel nucleo, e lo studio di questa fenomenologia prende il nome di fisica nucleare alle basse energie. Si è infatti scoperto che quando un nucleo è investito da energie di vari ordini di grandezza superiori, esso emette particelle ben diverse dai neutroni e dai protoni. Quelle particelle si trovano anche nella composizione dei raggi cosmici, e la loro scoperta indusse per prima a pensare che reazioni nucleari ad altissime energie si svolgono nel cosmo. Nacque cosí la fisica nucleare alle alte energie o fisica dei raggi cosmici. Le prime di tali particelle ad essere scoperte avevano una massa intermedia tra quella dell’elettrone e quella dei nucleoni (neutrone e protone). Furono perciò chiamate mesoni. Quando altre se ne scoprirono, piú pesanti del primo mesone scoperto, come il mesone pi e il mesone kappa, ed anche piú pesanti dei nucleoni, come gli iperoni, si pensò dapprima che queste particelle subnucleari, date le enormi energie che occorrevano p e r liberarle, fossero davvero i costituenti elementari della materia. Per qualche tempo perciò fisica nucleare alle alte energie fu sinonimo di fisica delle particelle elementari. Attualmente però tali particelle sono state classificate a decine, e ripugna alla nostra mentalità che l’universo sia costituito da tanti costituenti elementari diversi.
L’applicazione della fisica nucleare: l’ingegneria nucleare
Genericamente, lo studio dei mezzi tecnici, del progetto e della realizzazione degli impianti, che consentono l’applicazione a fini pratici di tutti i fenomeni studiati dalla fisica nucleare passa per l’approvazione dell’ingegneria nucleare. Di solito l’espressione ingegneria nucleare si usa però con un’accezione un po’ piú ristretta, si riferisce cioè particolarmente allo studio e al progetto degli impianti nucleari di potenza, o che comprendano un reattore nucleare anche se non destinato alla produzione di energia (come ad esempio un reattore sperimentale o per la produzione di intensi flussi neutronici), o che siano comunque collegati col ciclo di produzione di energia di origine nucleare (come ad esempio gli impianti per la separazione isotopica o quelli per il trattamento del combustibile nucleare usato). A questa eccezione piú ristretta va però aggiunto almeno il capitolo affascinante dei motori nucleari per razzi e missili. Il progetto di un reattore nucleare presenta sempre almeno due aspetti: uno neutronico, che affonda le sue radici nella fisica del reattore nucleare, ed uno tradizionale, che affonda le sue radici nella termodinamica, nella termotecnica, nella fluidodinamica e nella scienza delle costruzioni, dato che in sostanza il reattore nucleare può essere pensato come una grossa caldaia dove il calore viene appunto generato a spese delle reazioni nucleari, ma da dove esso deve pure essere asportato con mezzi sostanzialmente tradizionali. Queste dunque, unite ad una buona conoscenza delle proprietà di molti materiali nuovi ed al comportamento di tutti i materiali sotto intenso irraggiamento con neutroni, particelle cariche e raggi gamma, quali si sviluppano nel reattore o in presenza di sostanze radioattive, sono le competenze che costituiscono l’ingegneria nucleare. Per materiali a nuovi si intendono quei materiali (come ad esempio l’uranio e il suo ossido, il torio, il plutonio e le sue leghe, lo zirconio e le sue leghe), che, scarsamente o per nulla noti negli impieghi tradizionali, sono invece impiegati correntemente nella tecnica nucleare. L’ingegneria può dirsi nata ufficialmente come disciplina indipendente in occasione della 1° Conferenza Internazionale sugli usi pacifici dell’energia atomica, tenutasi a Ginevra nel 1955, in quanto in quell’assise, come fu allora detto, i fisici trasmisero agli ingegneri lo a stato dell’arte nucleare, della quale essi avevano risolto quella parte di problemi che apriva la possibilità di creare modelli di apparecchi utilizzatori funzionanti su scala di laboratorio, e messo a punto molte delle tecniche nucleari che a loro interessavano: stava dunque, da quel momento in poi, agli ingegneri recare al problema nucleare il contributo della loro mentalità, scienza ed esperienza, per trasformare i prototipi di laboratorio in prototipi di rilevanza industriale od in impianti pilota, mediante l’opportuna sperimentazione e il prosieguo della ricerca in direzioni di specifico interesse. In realtà questa schematizzazione è piuttosto cruda, e la nascita dell’ingegneria nucleare non fu così istantanea: impianti nucleari se ne erano costruiti negli U.S.A. e nell’U.R.S.S. già prima del 1955 ed avevano richiesto opera di progetto e di sperimentazione anche ingegneristica. Dall’esperienza così accumulata si era pure tratto qualche testo di Introduzione all’ingegneria nucleare. Tuttavia possiamo considerare quelle prime esperienze come i primordi della nuova disciplina, nei quali è difficile valutare quanto di ancora sperimentale si mescolasse al frutto di una piú tipica ingegneria. La seconda Conferenza di Ginevra, nel 1958, avrebbe dovuto, nelle intenzioni degli organizzatori, assistere all’estensione dell’ingegneria nucleare ai problemi della fusione nucleare. Fu invece una delusione per tutti, in quanto troppi problemi fondamentali rimanevano ancora da risolvere perché potesse aver luogo una a consegna tra fisici ed ingegneri analoga a quella che era avvenuta tre anni prima per i problemi della fissione.