In una fredda serata in una qualsiasi parte del mondo industrializzato, allorché al termine di un popolare programma televisivo, milioni di persone decidano ad esempio, di attaccare simultaneamente il loro smartphone alla prese di corrente (un gesto diventato abbastanza quotidiano), sorge un grosso problema di fornitura di energia elettrica. In pochi minuti il consumo può aumentare di ben 1000 MW, pari alla potenza di un’intera centrale elettrica. E questa potenza dev’essere trovata rapidamente. Chi d’altronde non ricorda il famoso blackout che si verificò nel nostro paese il 28 settembre del 2003? Fu certamente un caso anomalo, ma che si potrebbe ancora verificare. Per fronteggiare punte di consumo così elevate, ma brevi, determinate dall’utilizzo sempre più costante di apparecchi elettrici, è necessario avviare impianti ausiliari per la produzione di vapore, o mettere in moto gruppi di turbine a gas, o riversare il carico su centrali che, in previsione di simili circostanze, vengono deliberatamente fatte funzionare alla metà della loro capacità. In ogni caso si tratta di misure antieconomiche: infatti richiedono l’installazione e la manutenzione di impianti per la produzione di energia che rimangono inutilizzati per la maggior parte della loro vita produttiva, oppure richiedono di caricare in maniera soltanto parziale, e quindi inefficiente, i generatori e le centrali di produzione dell’energia.
La soluzione più elegante del problema è quella di poter disporre di una grande riserva di energia. L’energia da accumulare verrebbe derivata dalla rete di distribuzione durante le ore notturne, cioè quando le centrali elettriche sono sottoutilizzate, per venire ridistribuita nelle ore di punta, generalmente la sera. Questa soluzione permetterebbe di far funzionare a pieno regime le centrali elettriche esistenti, migliorandone anzi il rendimento, mentre eliminerebbe le necessità di impianti ausiliari per fronteggiare i momenti di massima richiesta. La possibilità di accumulare energia consentirebbe anche lo sviluppo di fonti alternative, in quanto la produzione intermittente e imprevedibile ottenuta dai generatori eolici, a energia solare, o mediante lo sfruttamento delle maree potrebbe essere accumulata con tecniche appropriate, per far fronte alle incostanti richieste dell’utenza.
Attualmente gli studi e i finanziamenti sulle energie alternative hanno prodotto significativi passi, ma di fatto il modello energetico su cui si regge l’economia dei paesi industrializzati è lo stesso da oltre cento anni, includendo l’intervallo di tempo nel quale si è iniziata a sfruttare l’energia delle centrali atomiche. L’energia delle centrali elettronucleari in Italia era stata sfruttata adeguatamente a partire dagli anni ’60, in pieno boom economico. La tecnologia nucleare venne abbandonata in seguito a uno scellerato referendum proposta sulla scia della forte emozione rappresentata dall’incidente di Chernobyl. Dopo essere stata nuovamente ridiscussa, l’energia atomica in Italia è stata ancora una volta esclusa a seguito della tragedia di Fukushima, essendo il nostro un paese ad alta sismicità come il Giappone. Le energie alternative del vento e del sole non hanno ancora imposto la loro legge. In Italia non c’è così molto vento, se si eccettuano alcune zone dell’Appennino e la Sardegna (dove infatti c’è stato un forte incremento dei parchi eolici). Per quanto riguarda l’energia solare, negli ultimi anni si è assistito a una diminuzione del rilascio di incentivi per il passaggio al sistema del fotovoltaico, che è oneroso e ha vantaggi di medio lungo termine, in un paese è vero di proprietari di casa, ma tendenzialmente anziani, dove le giovani coppie hanno molte difficoltà già a reperire una casa a prezzi competitivi. Insomma anche il costo dell’energia, dei suoi picchi e del suo consumo, incrementato anno dopo anno, non pone solo problemi di gestione, ma di vero e proprio sviluppo, che fatichiamo a rilanciare.