Lo sviluppo della tecnica della coltivazione e l’utilizzazione del bestiame hanno prodotto in tutto il mondo uno spettacolare sviluppo della crescita delle popolazioni umane. Grazie all’ingegno dei primi agricoltori, gli insediamenti nelle ricche valli alluvionali del Tigri e dell’Eufrate in Mesopotamia, nell’attuale Iraq, del Nilo in Egitto, dell’Indo in India, dello Hwang Ho e dello Yangtze Kiang in Cina si sono trasformati in complesse società con gradi di organizzazione sociale che non hanno precedenti.
L’origine della civiltà, per quanto siano indefiniti il momento e l’atto iniziale, sta nella trasformazione dell’uomo cacciatore-raccoglitore in uomo dedito alla coltivazione. Quali che siano stati i fattori che provocarono o ispirarono un mutamento così drastico del modo di vivere, la conseguenza fu un’esistenza più stabile, più responsabile e più laboriosa, condizioni che stimolano l’ingegno, l’inventiva ed il pensiero.
Tutte queste qualità sono presenti nell’arte, nella fede, le troviamo nelle invenzioni e nella grande varietà di trasformazioni delle più antiche società, molto raffinate in tanti ambiti. L’uomo dei nostri tempi, rifacendosi a una stirpe che risale alla più affascinante antichità, sfrutta un complesso di tecniche e di capacità investigative che sono esse stesse il prodotto di epoche remote legate a specifiche tradizioni.
Il più antico insediamento agricolo che conosciamo è quello di Gerico nell’antica Palestina, che si trova in una zona il cui clima è relativamente troppo asciutto per fare affidamento completo sulle precipitazioni, dove però esistono numerose sorgenti di tipo perenne utilizzabili in questo senso.
Molto probabilmente i primi contadini utilizzarono l’eccedenza di acqua dovuta alle piogge della brutta stagione per irrigare i campi prima di seminare quelle piante che danno un raccolto estivo, come il grano, le lenticchie, i piselli e l’orzo.
In Medio Oriente e ancora più verso l’estremo si trovano testimonianze di primi rudimentali canali di irrigazione risalenti a ben il 6000 a. C. bei pressi dell’arida pianura mesopotamica non lontano da Baghdad. Qui furono scavati canali per raccogliere le acque che in inverno venivano giù dalle vicine montagne.
Questa tecnica di irrigazione poi si sarebbe diffusa a macchia d’olio dalla Mesopotamia fino ai contigui paesi ad est ed ovest, innescando il meccanismo della stanzialità. Una tecnica molto “rurale” è il caso di dirlo, che precedette di gran lunga il controllo del corso dei fiumi importanti della regione. Il Tigri e l’Eufrate scorrono attraverso delle pianure in leggera pendenza: si pensi che negli ultimi 900 chilometri la loro pendenza varia di soli 34 metri.
È un avanzare sonnacchioso che può essere sfruttato. Depositando grandi quantità di limo trasportato dalle alture a monte, i fiumi sono riusciti a creare il proprio letto e le relative sponde, ben al di sopra rispetto al territorio circostante.
Quindi fu impresa relativamente semplice quella di praticare brecce nelle sponde e derivarne l’acqua, attraverso un sistema rudimentale di canali a scopo di irrigazione. Il che comportò due problemi veramente complicati.
Il primo era quello di proteggere il raccolto e gli insediamenti dalle inondazioni annuali che si verificavano a primavera, quando le messi stavano ancora maturando.
Il secondo era relativo alla natura delle acque: questi fiumi erano particolarmente ricchi di sali disciolti, che si accumulavano nei campi dopo l’irrigazione. Per evitare che i sali giungessero a un livello critico di tossicità, era necessario che i campi venissero lasciati incolti ad anni alterni, per ripulirli dall’eccessiva salinità, prevenendo il fenomeno – che abbiamo giù affrontato – della desertificazione.
Circa 8000 anni fa la zona del Medio Oriente era molto fertile. Oggi la regione è prevalentemente desertica, ma servendosi delle tecniche tradizionali per incanalare l’acqua da un fiume in posizione elevata o da un’oasi, le comunità locali possono coltivare i cereali con lo stesso successo ottenuto dai loro antenati.