Il trasporto marittimo è andato aumentando di volume nel corso dei decenni. Chi pensava che la diffusione degli aerei cargo avrebbe limitato o circoscritto gli scambi navali, si sbagliava. Oggi le rotte sul mare sono battute da cargo e petroliere, che trasportano container e materie prime ovunque nel mondo. In questo panorama sono aumentati gli incidenti che hanno coinvolti mercantili e petroliere, queste ultime determinando dei gravi problemi ambientali dovuti alle perdite di petrolio, che hanno causato dei veri e propri disastri petroliferi.
Oggi si ritiene che circa il 15% dell’inquinamento marino sia dovuto alle perdite di petrolio. Le navi petroliere sono le più grosse imbarcazioni esistenti sul pianeta: la più grande nave del mondo è stata la Seawise Giant, una petroliera della lunghezza di 458 metri, in servizio per 20 anni. Oggi la petroliera più lunga è quella appartenente alla TI Class, di 380 metri, ma ci sono cargo che raggiungono i 400 metri.
Il petrolio non inquina solo direttamente, attraverso i versamenti generati da una catastrofe, come quella avvenuta nel Golfo del Messico qualche anno fa o durante la Prima Guerra del Golfo nel 1991, quando gli iracheni in fuga incendiarono i pozzi di petrolio del Kuwait. Le acque vengono inquinate anche “in modo naturale” dal petrolio sottomarino. Ma la maggior parte dell’inquinamento avviene per opera dell’uomo.
Gli scarichi delle auto, secondo un articolo di National Geographic, sono ancora peggiori. Questi avvengono a causa dei movimenti naturali del terreno, solitamente rilasciati sul tessuto impermeabile dell’asfalto, tendono a scivolare verso i terreni più morbidi, inoltrandosi nelle falde acquifere sotterranee e nei corsi d’acqua fino a sfociare nel mare. È una specie di inquinamento subdolo, lento, che a prima vista non si nota perché non è causato da grosse perdite come nel caso di Galveston. Perdite di carburante dopotutto ci sono anche nella navigazione commerciale (trasporto di passeggeri e soprattutto navi da crociera).
Le petroliere spesso navigano su rotte delicate, sia dal punto di vista naturale, come stretti e canali artificiali o zone particolarmente tempestose, sia da quello politico, diventando bersaglio di azioni di guerra che ne mettono in pericolo la navigazione.
Le perdite di petrolio in mare sono causate quasi sempre da:
- errori umani dovuti a disattenzione o imprudenza
- danneggiamento o mal funzionamento delle strutture o dell’equipaggiamento
- uragani o grosse tempeste
- atti di terrorismo o di guerra, pirateria e ammutinamento a bordo
Quando il petrolio arriva sull’acqua, come tutti gli oli, tende a galleggiare e non dissolversi. Che vada a fondo è davvero molto raro, crea invece una patina oleosa ben nota, che avvolge come una pellicola la superficie del mare. I versamenti sono estremamente pericolosi per gli uccelli marini e i mammiferi, ma possono essere letali anche per i pesci e tutti i molluschi. Il petrolio danneggia la capacità di volare degli uccelli, impregnando le piume. I mammiferi possono ingerirlo, avvelenandosi. I danni spesso sono mortali.
Pulire le chiazze di petrolio non è semplice, esistono dei metodi scientificamente validi che si basano sull’esperienza:
- circoscrivere le chiazze con delle braccia galleggianti, per impedire che si allarghino
- spugne assorbenti
- disperdenti cimici e agenti biologici come batteri, che frantumano le molecole del petrolio
- combustione sul posto: viene appiccato l’incendio alle chiazze di petrolio in modo da circoscrivere la perdita, mentre galleggia sull’acqua.
- Sulle spiagge pulizia con solventi e idropulitrici ad alta pressione.