Come hanno dimostrato famose eruzioni vulcaniche come quelle dell’Etna o della spettacolare esplosione del Monte St. Helens (1980), una grand quantità di energia si trova racchiusa nell’interno della crosta terrestre. È sicuro che non si possa utilizzare questa energia che provoca la necessità di evacuare interi territori e l’oscuramento del cielo per centinaia di chilometri? Sebbene i programmi relativi allo sfruttamento dell’energia vulcanica siano ancora in una fase appena oltre quella embrionale, l’energia geotermica viene imbrigliata con sempre maggiore impegno in molte parti del mondo. I primi casi di utilizzazione di questo tipo di energia si ebbero in genere nelle zone soggette ad attività vulcanica, dove il calore della Terra è portato in prossimità (o talvolta al di sopra) della superficie sotto forma di roccia fusa, di vapore o di acqua calda. Lasciando da parte l’utilizzazione delle sorgenti calde a scopo curativo o domestico, che risale a tempi preistorici, lo sfruttamento “moderno” del calore terrestre ha poco più di cento anni. La produzione di elettricità con vapore di origine geotermica fu realizzata in Italia fin dal 1904. Oggi la capacità delle centrali elettriche installate che sfruttano energia geotermica raggiungono migliaia di MW di produzione. E questa cifra è in rapida crescita, insieme con l’utilizzazione diretta del calore geotermico. Molti sono i paesi che possiedono sorgenti bollenti o geyser: fra essi l’Islanda, l’Italia, il Giappone, la Nuova Zelanda e gli Stati Uniti occidentali. Tutti fanno un uso notevole delle loro riserve termiche naturali, soprattutto per la produzione di energia, soprattuto per la produzione di energia. In questo caso la tecnologia è relativamente semplice: una volta localizzato un deposito di vapore naturale, tutto quel che rimane da fare è di addurre il vapore stesso alle turni. La Terra ha la funzione che in una centrale termoelettrica convenzionale spetta alla caldaia. In pratica, tuttavia, poiché la temperatura è inferiore a quella delle centrali convenzionali, le soluzioni tecniche adottate per le centrali geotermiche sono diverse da quelle delle centrali convenzionali. In un impianto tipico il vapore di origine geotermica arriva a temperature comprese tra 180°C e 300°C, portando tracce di impurità che possono provocare corrosioni.
Dove il calore di origine geotermica non raggiunge spontaneamente la superficie, è necessario estrarlo mediante trivellazione. In tutti gli impianti moderni sono previste e adottate tecniche di trivellazione paragonabili sotto molto aspetti a quelle presenti nell’industria petrolifera. Mentre i primi giacimenti di vapore si trovavano a profondità anche di poche centinaia di metri, i più recenti pozzi geotermici spesso raggiungono profondità di 3000 metri o più. Sono comunque profondità inferiori raggiunte da quelle di alcuni pozzi petroliferi; ma col crescere della richiesta sarà possibile scendere più a fondo, anche perché più ci si avvicina al manto terrestre più le temperature sono alte.