Perché in Italia è ancora presente l’amianto?

L’amianto, un tempo lodato per la sua versatilità e resistenza, si è rivelato un pericolo per la salute umana col passare degli anni.

Nonostante la sua pericolosità ben documentata, l’Italia è ancora alle prese con la presenza di questo materiale tossico in molte strutture come edifici pubblici, scuole, case, infrastrutture industriali.

Tutti questi luoghi conservano ancora amianto. Le ragioni per cui nel Belpaese ancora occupa gli immobili sono svariate e le sfide legate alla sua rimozione complesse, così come la gestione delle strutture esistenti per evitare che questo materiale nocivo vada a disperdersi ulteriormente.

Da materiale apprezzato a materiale abolito

L’Italia, come molte altre nazioni, ha ampiamente utilizzato l’amianto nella costruzione di edifici, nell’industria automobilistica, navale e in molte altre applicazioni industriali fino agli anni ’80.

La sua resistenza al calore, agli agenti chimici e all’isolamento lo hanno reso un materiale molto popolare. Era inoltre relativamente economico da produrre e da utilizzare rispetto ad altri materiali con proprietà simili.

I suoi effetti sulla salute hanno portato alla progressiva proibizione. Lo Stato ha implementato in passato leggi rigorose per regolare l’uso dell’amianto e per incentivare la sua rimozione, nel tentativo di mettere in sicurezza i cittadini.

Tra le norme adottate per regolare l’uso e la rimozione dell’amianto, tutelando così la salute pubblica, si ricorda la legge n.257/1992, prima a proibire l’estrazione, l’importazione, l’esportazione e la commercializzazione di amianto e di prodotti contenenti amianto. Ne ha vietato anche la produzione e l’uso a partire dal 1993.

Ma anche il decreto legislativo n.6/2003 che ha implementato la Direttiva Europea riguardante il divieto dell’utilizzo dell’amianto e dei prodotti contenenti amianto. Ha poi disciplinato l’eliminazione e la gestione sicura dell’amianto, stabilendo regole per la bonifica e la demolizione di strutture che lo contenevano.

È poi arrivato il Piano Nazionale per la Bonifica dei Siti Contaminati da Amianto (PNA), con lo scopo di individuare e bonificare siti in cui l’amianto è stato utilizzato o smaltito in maniera inadeguata. Si concentra sulla mappatura dei siti contaminati, sulla loro classificazione in base al rischio e sulla pianificazione delle azioni di bonifica. Nonostante queste misure, la rimozione completa dell’amianto rimane una sfida complessa, data la sua diffusa presenza nelle strutture esistenti e le criticità associate alla sua eliminazione sicura.

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Perché è difficile rimuoverlo

La rimozione e smaltimento amianto è innanzitutto un’operazione costosa e complessa. Molte strutture contengono ancora questo materiale, e la sua corretta eliminazione richiede precauzioni rigorose per evitare l’esposizione.

Questo comporta un costo significativo per proprietari di edifici, enti pubblici e privati. Inoltre, la mancanza di conoscenza diffusa su come gestire correttamente l’amianto e su quali pericoli comporta entrarvi in contatto, in maniera diretta o indiretta, può rallentare il processo di rimozione.

La formazione degli addetti ai lavori e del pubblico in questo senso è essenziale per garantire la corretta esecuzione delle operazioni.

Oltre alle competenze, servono anche attrezzature specifiche, che rendono il processo ancora più complesso e costoso. Spesso poi, la mancanza di regolamentazioni chiare o di controlli accurati può portare alla scarsa identificazione dei siti contenenti questo materiale.

Ciò rende difficile la creazione di un inventario completo e la pianificazione per la rimozione sicura.

Ad aggiungersi anche le implicazioni legali: può essere complicato, in caso di controversie legate all’amianto, determinare chi era responsabile della rimozione e degli eventuali danni causati dall’esposizione. Controversie che possono protrarsi nel tempo e generare ulteriori costi e incertezze.

L’incapsulamento: un’alternativa alla rimozione

In alcuni casi, anziché rimuovere completamente l’amianto, si procede con l’incapsulamento. Questo metodo consiste nell’applicare materiali che sigillano o coprono l’amianto, riducendo il rischio di esposizione. Tuttavia, l’efficacia a lungo termine di questa pratica può essere discussa e richiede una manutenzione continua.

Durante l’incapsulamento, si procede innanzitutto con l’identificazione delle aree contenenti amianto, preparate successivamente per l’applicazione di materiali incapsulanti come vernici, rivestimenti o sigillanti, che vanno a formare uno strato protettivo, scongiurando la dispersione di amianto nell’ambiente.

Il materiale nocivo infatti può anche disperdersi nell’aria sotto forma di polvere e diventare particolarmente pericoloso quando gli edifici che lo contengono vengono sottoposti a interventi, che siano ristrutturazioni o demolizioni o, in questo caso, incapsulamenti.

Pertanto bisogna adottare tutte le precauzioni del caso. Dopo l’applicazione, è necessario monitorare regolarmente l’integrità del rivestimento incapsulante e garantire che rimanga efficace nel sigillare l’amianto. La manutenzione periodica può essere richiesta per garantire la durabilità del rivestimento nel tempo.

L’incapsulamento è infatti una soluzione a breve termine, per ridurre il rischio di esposizione e dispersione delle fibre nell’ambiente circostante, che ha costi più ridotti rispetto alla rimozione fisica.

Tuttavia, non elimina il problema dell’amianto, ma lo racchiude e rende inattivo. La scelta tra rimozione e incapsulamento dipende dalle circostanze specifiche, dalle leggi locali e dalle considerazioni sulla sicurezza e sulla salute pubblica.

Dati e fatti sull’amianto in Italia

  • L’Italia è uno dei Paesi più colpiti in termini di malattie asbesto-correlate, a causa dell’uso di oltre tre milioni di tonnellate di minerale grezzo fra la Seconda guerra mondiale e il 1992.
  • Le malattie riconosciute in relazione all’esposizione all’amianto includono asbestosi, placche e ispessimenti della pleura, mesotelioma, cancro al polmone, alla laringe e alle ovaie, e con probabilità minore, tumori alla faringe, allo stomaco e al colon retto.
  • A causa dell’assenza di norme nazionali uniformi, le regioni italiane hanno proceduto in modo disomogeneo nella regolamentazione della figura del responsabile amianto. Questo ha portato a situazioni in cui strutture contenenti amianto potrebbero non essere sicure e l’amianto non viene rimosso anche quando è in cattivo stato di conservazione.
  • Secondo Legambiente, solo un quarto dell’amianto installato in Italia è stato rimosso. I tempi stimati per la rimozione del restante amianto variano tra i 70 e i 75 anni, ma potrebbero estendersi fino a 100 anni, considerando la previsione del 1992 di 23 milioni di tonnellate di materiale da rimuovere.
  • Ogni anno in Europa muoiono almeno 80.000 persone a causa dell’amianto.
  • In Italia, tra il 2010 e il 2016, ci sono stati circa 4.410 decessi all’anno attribuibili all’esposizione all’amianto.
  • Tra il 1993 e il 2018, sono stati diagnosticati 31.572 casi di mesotelioma in Italia, con la maggior concentrazione in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna.
  • Circa il 70% dei casi di mesotelioma è legato a esposizioni lavorative, il 10% a esposizioni familiari o ambientali, e per il 20% l’origine dell’esposizione è sconosciuta.
  • Tra il 2003 e il 2016, sono stati registrati 487 decessi per mesotelioma tra persone sotto i 50 anni.
  • Il trend di mesoteliomi tra i lavoratori nel settore delle costruzioni è in aumento, passando dal 15.8% nel periodo 1992-1998 al 23.9% nel periodo 2014-2018.
  • L’Italia ha oltre 23 milioni di tonnellate di amianto da bonificare, con meno di 30.000 addetti alle bonifiche.
  • Al 30 dicembre 2020, in Italia c’erano 108.000 siti contaminati da amianto, con solo 7.905 siti bonificati.
  • Legambiente nel 2018 ha stimato circa 370.000 siti contaminati, pari a circa 57 milioni di metri quadrati di coperture di cemento-amianto.
  • Alcune regioni italiane non hanno aggiornato i dati sui siti contaminati negli ultimi 5 anni.
  • Potrebbero esserci circa un milione di siti contaminati in Italia.
  • In alcuni siti di interesse nazionale per amianto, le bonifiche sono in corso a carico dello stato.
  • Secondo Ispra, in Italia ci sono solo 19 aree in grado di ricevere rifiuti contaminati da amianto.

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