Come erano i primi uomini? Come vivevano? Quando impararono a camminare eretti? Sapevano parlare? Questi interrogativi sono fondamentali per comprendere noi stessi come specie, sebbene sia stato solo negli ultimi decenni che le tecniche e la tecnologia paleontologiche ci hanno consentito di interpretare e di datare i reperti fossili che conservano le tracce delle origini dell’Uomo.
Oggigiorno, una regione geografica che non si può in teoria datare, è considerata di scarso valore perché i fossili che vi si repertano non possono essere inquadrati in nessuna sequenza cronologica. Ma questo è solo un progresso recente nel campo dell’archeologia,ed invero fino a 30 anni fa quasi tutta la datazione era basata su mere congetture. Una datazione cronologica quantitativamente accurata fu introdotta per la prima volta all’inizio degli anni Cinquanta con lo sviluppo delle tecniche di misurazione dell’età in base al carbonio 14; tuttavia la datazione dei resti protoumani diventa possibile soltanto nei primi anni ’60 con l’introduzione della datazione con il metodo potassio / argo basato sul decadimento del potassio radioattivo in argo. Prima dello sviluppo delle analisi potassio /argo, gli archeologi pensavano che gli uomini avessero impiegato migliaia o centinaia di migliaia di anni per evolversi; le nuove tecniche di datazione hanno rivelato invece che la specie umana risale a parecchi milioni di anni fa, scoperta questa che spinse i paleontologi a mutare radicalmente la loro idea sull’evoluzione dell’uomo.
Il metodo di datazione con potassio / argo fu messo appunto dai geologi dell’Università di Berkeley, i quali lavorano sullo sviluppo di nuove tecniche di datazione per quasi 10 anni. L’analisi potassio / argo si basa sull’impiego di elementi radioattivi presenti nelle rocce anziché nei fossili stessi. Gli scienziati decisero di usare il potassio come una sorta di orologio atomico. Il primo reparto fossile datato con il metodo potassio / argo fu il famoso cranio di uno dei primi ominidi, un australopiteco robusto i cui denti massicci e le cui mascelle poderose gli fecero attribuire il nomignolo di Schiaccianoci. Quando fu rinvenuto nel 1959 dai Mary e Louis Leakey, il cranio fu fatto risalire a 600 mila anni fa, ma la datazione più precisa spostava l’età addirittura a 1,8 milioni di anni fa. Questo ominide fu rinvenuto a Olduvai, in Tanzania, un posto ideale per questo tipo di datazione poiché i suoi strati di roccia sedimentaria sono regolarmente intersecati da materiale vulcanico.
Nella zona vennero ritrovate anche le famose orme di Laetoli. Gli ominidi presenti nella valle sono del genere Australopiteco Boise, cervello piccolo, corporatura poderosa e dell’homo habilis, il primo fabbricante di utensili, forse dotato della proprietà del linguaggio, con una capacità cranica superiore al Boisei, vissuto in Africa orientale due milioni di anni fa.