Anche se le stime sulle riserve mondiali di petrolio risultano poco affidabili, arriverà il giorno in cui finirà il petrolio. Nel frattempo però la tecnologia di estrazione è decisamente migliorata, consentendo lo sfruttamento delle sabbie bituminose, di cui esistono grandi giacimenti, praticamente a cielo aperto, in paesi come il Canada o il Venezuela, peraltro già ricco della preziosa materia prima. Il problema principale deriva dai ritmi di consumo attuale. Le nazioni in via di sviluppo sono anche quelle demograficamente più importanti e ambiscono a un tenore di vita occidentale, identificabile col possesso di due auto, con il consumismo, gli spostamenti in aereo e la diffusione della plastica. Tutte azioni che dipendono in un modo o nell’altro dalla lavorazione del petrolio. Le riserve di scisti bituminosi sono considerate molto promettenti. Negli scisti e nelle sabbie di natura bituminosa, il petrolio non è contenuto in sacche di liquido puro, come nei classici giacimenti, ma è distribuito nelle sabbie come una spugna impregnata d’acqua. Al costo di estrazione si deve insomma aggiungere quello di drenaggio. Questa tecnica non è affatto nuova. Già nel XVIII secolo i francesi scavavano canali di drenaggio con pendenza verso l’alto nelle rocce impregnate di petrolio, ma le tecniche moderne di estrazione differiscono in modo sostanziale da quel metodo antico, in quanto oggi si impiega il calore per recuperare l’olio, che altrimenti non sarebbe abbastanza fluido per scorrere.
A temperatura normale alcuni oli molto viscosi contenuti nelle sabbie bituminose risultano molto meno fluidi del petrolio dei giacimenti tradizionali. Per questo motivo occorre riscaldarli, in parole povere: utilizzare energia per estrarre energia al fine di inviarli alla raffineria. L’olio greggio sintetico così ottenuto può essere utilizzato per produrre materie prime dell’industria petrolchimica impiegate nella fabbricazione di tutta una gamma di prodotti, dai poliesteri ai detersivi. Nel Canada l’industria sta mostrando i suoi lati più promettenti, al fine di estrarre in modo vantaggioso l’olio contenuto nei giganteschi depositi di ghiaia bituminosa dell’Alberta settentrionale. La stima iniziale prevedeva che nella sola regione dell’Alberta fossero contenuti più di 900 miliardi di barili di petrolio. La costruzione del primo impianto moderno risale al 1967, a nord di Fort McMurray, realizzato da una compagnia privata, il complesso era stato progettato per produrre 60.000 barili al giorno. Il giacimento da sfruttare si estende a limitata profondità, viene attaccato mediante lo scavo di trincee e il materiale estratto viene sottoposto a riscaldamento mediante vapore e acqua calda. Le critiche all’estrazione di questo tipo sono comunque fondate: in Alberta gli ambientalisti parlano apertamente di disastro ambientale e il costo è ancora troppo sostenuto per mantenere i livelli di consumo attuali.